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Fragmenta

Ovvero: la voce di "quelle donne"...

Chi volesse udire il suono della lingua ladina usata nel romanzo per evocare l'universo femminile che emerge dalle nebbie della storia e del mistero, può farlo attraverso i link riportati in questa pagina. I brani sono letti e interpretati da Loreta Florian e Martina Chiocchetti.












Item n. 7 - Picioi 
http://youtu.be/YomvnFcceUg 

Con me, ela no à mai fat parola de chel piciol partorì te l’ombrìa e mort pech dò. Ma gio saee, se ence che negugn me aessa dit.
Bastèrt i ge aessa dit, duta sia vita. Per ela, che la ge aea dat la vita, che la l’aea portà nef meisc daìte, che la l’aea metù al mondo con struscia e con suor, l’era l frut de so gremen, l prum e l’ultim, sanch de so sanch. Per i etres, un auter picol agnol sgolà sun Paradis, nia en dut; per ela, n toch de cher zarà fora dal piet.
Da spes enveze la me contèa de chela de Valantin da Val, timpruma maridèda jà Sorèga, e de coche l’aea perdù so picol Tone, de cinch egn. Enlouta, ela stentèa de bel a se tegnir per no vaèr. (...)


Con me lei non fece mai parola di quel bimbo partorito nell’ombra e morto di lì a poco. Ma io sapevo, benché nessuno me ne avesse mai parlato.
L’avrebbero detto bastardo, per tutta la vita. Per lei, che gli aveva dato la vita, che l’aveva portato nove mesi dentro di sé, che l’aveva messo al mondo con pena e con sudore, era il frutto del suo grembo, il primo e l’ultimo, sangue del suo sangue. Per gli altri, un altro angioletto volato in Paradiso, niente di più; per lei, un brandello di cuore strappatole dal petto.
Spesso invece mi raccontava di quella de Valantin di Val, sposata inizialmente a Soraga, e di come lei aveva perduto il suo piccolo Antonio, di cinque anni. Allora, lei faticava assai a trattenersi, per non scoppiare in lacrime. (...)

(Testo integrale e traduzione alle pagine 197-200)

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