UN LIBRO, UNA STORIA: Recensioni, commenti, eventi e curiosità

lunedì 26 agosto 2013

Apollineo vs. dionisiaco

di Fabio Lucchi 


• Dopo avere terminato la lettura dei "Misteri", sono stato anche a Santa Giuliana: concordo nella sensazione di cui si è parlato anche nella presentazione del libro a Vigo, che si tratti di un luogo davvero particolare e chissà come doveva essere solo non tantissimi anni fa, senza la funivia.
Ho sentito dire che in Oriente, nei luoghi dove hanno vissuto e praticato monaci buddhisti la natura è più rigogliosa, c'è una serenità speciale che si protrae anche a distanza di molti anni dalla scomparsa di queste persone con caratteristiche non comuni. Vai a capire.

In questo è facile sentirsi simili a Stauber: tanti elementi raccolti, tante suggestioni che sembrano portare vicino ad "un qualcosa" che alla fine sembra sempre comunque allontanarsi ed aprire verso nuove ipotesi, senza mai arrivare ad una "quadratura" definitiva.
I Misteri del Cjaslir mi hanno riportato per una serie di analogie ad argomenti studiati ormai tanti anni fa e a suggestioni più recenti. Mi riferisco prima di tutto alle modalità conoscitive che Daniel Zen e Dorothea simboleggiano e che rimandano al tema dell' "apollineo vs dionisiaco", a questi due "mondi" che si ritrovano variamente declinati non solo nella cultura greca e non solo nelle regioni europee.
Ricordi liceali riportano ai passi del Simposio di Platone in cui Diotima, la "maestra" di Socrate di origine tracia che curava con l'erba di Zalmosside e spiegava che le cose possono essere e non essere anche nello stesso tempo, non prima in un modo e in seguito in un altro: la sua descrizione aiuta Socrate a delineare la "figura" del "tìmetaxú", di Eros ma anche di tutti i "daimones" che stanno fra le cose, fra le diverse dimensioni e "scompigliano" l'ordine logico e nello stesso tempo fanno "girare" le cose della vita. 
Tutto questo appartiene alla sfera di Dioniso e si contrappone ad Apollo, il dio che vede e colpisce da lontano con l'arco (anche Zen aveva fra le sue caratteristiche quella di dovere avvistare come le oche del suo segno famigliare)... le associazioni potrebbero proseguire e richiedere competenze specifiche che non mi appartengono e per le quali potrebbe essere interessante tornare a leggere i testi di Giorgio Colli, anche quelli in cui si ipotizza che anche Apollo - prima di essere la figura mitologica che conosciamo -, abbia radici arcaiche che rimandano anch'esse ad una tradizione dionisica più oscura, legata allo stato di manìa come situazione favorente la capacità delle pizie di vaticinare il futuro attraverso enigmi, ecc.

Questa cosa di Dioniso e di Apollo, del dio dell'arco (che conosce colpendo da lontano) e del dio della lira (che conosce immergendosi nell'oggetto della conoscenza), ce la ritroviamo da altre parti, in altre letture più vicine a noi. Ad esempio in Thomas Mann che nei suoi libri riportava proprio in prima pagina l'effige dell'arco e della lira: questa tensione fra opposti mondi passa probabilmente attraverso il tempo, attraverso i luoghi e ripropone un qualcosa di insito nella nostra psicologia, nel modo di stare insieme in modo sociale, ecc., come se fosse una sorta di sistole e diastole in ritmo del procedere delle cose e delle persone.
Non credo che ciò sia solo un argomento di conversazione vacanziera fine a se stesso..rimanda anche al senso della conoscenza scientifica, ai "saperi forti" che tendono ad imporsi-in un momento in cui le conoscenze o sono "basate sulle evidenze" (apollinee?) oppure non sono- sulla "debolezza" di molte discipline che tuttavia sopravvivono anche attraverso strumenti diversi.
Torno ai Misteri, a Dorothea e alla "sorelle" passando ancora per la Grecia e per Pergamo in particolare per recuperare una riflessione sulle radici dei percorsi di cura che sembrano andare a lambire quella complessità che Stauber coglie senza potere catturare appieno.
A Pergamo il tempio della medicina più importante di tutto l'ellenismo, c'era sì il tempio del dio della medicina ma accanto ad esso ce n'è uno più piccolo di un dio minore, di un tì metaxú verrebbe da dire, che è Telesforo, io dio/daimon della guarigione, il dio "che porta le cose a compimento": i pazienti, una volta ricevuta la cura del dio della medicina, si recavano presso il tempio di Telesforo per una notte in attesa di sogni che indicassero la guarigione o meno... siamo quindi, mi pare, in una dimensione non molto apollinea.

Con questo voglio dire che dalla grecità in poi ha continuato a porsi, in tutti i campi, il problema della irriducibilità ad un pensiero "unico" e che alla fine questo ritorna sempre o quasi anche quando o in quei settori dove sarebbe comodo negarlo o "addomesticarlo".
Non so se ci sia una soluzione per tenere insieme queste dissonanze o si debba imparare ad ascoltare e parlare questi due linguaggi...
I Misteri del Cjaslir mi hanno riportato a ripercorrere questi pensieri in un modo più o meno confuso: a me è piaciuto averne avuta l'occasione aggiungendovi del materiale della storia fassano che non conoscevo e per il quale La ringrazio.

domenica 25 agosto 2013

... e quello di Giorgio Jellici


NB: saggista, autore di "racconti brevi"

• “Cjaslir”, una montagna di carne al fuoco 

Nei “Misteri” di Fabio Chiocchetti storia e storie, ladino, tedesco, arcana lingua di fate. E gli ingredienti di un thriller


"I Misteri del Cjaslir - Storia di un santo vescovo e di una presunta strega" - (Ed.: Curcu & Genovese, p. 453, maggio 2013, Euro 18,) - di Fabio Chiocchetti, è tutto, tranne un libro certo d'esser letto fino alla fine. Eppure è un eccellente lavoro. E allora perché? Troppa carne al fuoco? Forse. E il fuoco è spesso nascosto sotto un intreccio di temi che si ramificano e si sovrappongono. Molti - non dubbio - compreranno "I Misteri" affascinati dal titolo e dalla bellissima, impressionante copertina. Altri lo riceveranno in omaggio o in regalo. Ma quanti ce a faranno ad assaporare il voluminoso volume dalla prima all'ultima pagina? Sarebbe però un peccato se troppi capitolassero cammin facendo, perché ogni pagina è condita di storia e di storie, di considerazioni filosofiche e teologiche, di citazioni in ladino, in tedesco, in latino e nell'arcana lingua delle fate ignota alla gente comune.

L’autore dipana la sua matassa senza fretta, sicuro del fatto suo e dedica ad ogni ramificazione la cura e l’amore dell’esperto. Ed è proprio la sua erudizione che – paradossalmente - ostacola talvolta il flusso del racconto, perché, pur arricchendolo, lo dilunga, lo suddivide in rivi e rigagnoli, in corsi d’acqua paralleli, in tortuosi e vasti meandri, come in un estuario dove i fiumi sotterranei riaffiorano più tardi. In dotte digressioni l’autore ricorda le procedure d’insediamento dei principi-vescovi, gli intrighi e le lotte tra imperatori e principi, le teorie di Tolomeo e di Galileo e parla della madre e della zia lontana di Keplero, delle esternazioni e dei misfatti del Sant’Uffizio, dei passi oscuri dedicati da Giordano Bruno al “coitus reservatus” e, non senza sospiri, medita sull’ars amatoria delle buone fate del Cjampedìe con rispettivo vademecum copulatorio: l’uomo, di preferenza, “si faccia cavalcare dalla femmina”.

Chiocchetti sa molte storie e ce le racconta tutte, infiorellate di questioni aperte e di fatti di cronaca del Tirolo seicentesco che stimolano la fantasia del lettore. Trave portante del romanzo sono la vita e le opere di Daniel Zen, personaggio storico, “di così umili origini ed accorto ingegno”, nato in Fassa alla fine del Cinquecento, educato dai Padri Gesuiti e morto Vescovo di Bressanone e Principe “vigilantissimo” dell’Impero. Narratore in prima persona, cronista del suo signore Principe-Vescovo e suo fidato amico da sempre, è un certo Peter Stauber, personaggio inventato, versione tedesca del noto Piere dal Polver, a sua volta pseudonimo dell’autore. Sì, sì, questo lavoro si compone di diversi strati che il lettore deve avvertire ed attraversare.

Sfondo storico del dramma sono i processi per stregoneria avvenuti a Bressanone nel Cinquecento e nel Seicento, quando furono torturate, mutilate, trucidate, decapitate e bruciate vive centinaia di povere donne, ma anche uomini e bambini - ben inteso, innocenti. Di conseguenza il lavoro di Chiocchetti è anche un’orazione contro l’oscurantismo culturale, i pregiudizi, le superstizioni e il fanatismo religioso che vede streghe ed eresie ovunque: “Quanta morte è stata perpetrata in nome di Dio!”. E qui sta forse il suo più grande merito. Ma è anche un’ode all’ “Amore principio cosmico che pervade ogni cosa ed ogni cosa connette al Tutto”. Le buone fate del Cjampedìe ripetono: “… non attraverso la violenza e l’odio si può condurre l’uomo alla Salvezza Eterna”.

Protagonista, diciamo, geografico del racconto è il santuario di Sent’Ujana (Santa Giuliana), sul colle del Cjaslir, sopra Vigo di Fassa, luogo di riti antichi precristiani e tempio di devozione e confort di fascegn fino ai giorni nostri. Però, a nostro modesto avviso, le pagine più poetiche del voluminoso volume sono i “Fragmenta” che precedono ognuno dei 14 capitoli: riflessioni, quadretti a sé stanti di profonda spiritualità, al margine del racconto, scritti in un fassano dal tono arcaico e melodioso, che scorre preciso come una composizione dodecafonica – purtroppo la loro comprensione è riservata alla cerchia limitata di chi domina questo stupendo idioma. Comprensibilissimo invece è il furioso alterco al capitolo 14, che ha luogo nella cella campanaria della chiesa di Nostra Signora a Bressanone: l’episodio, il crescendo di inattese rivelazioni e il colpo di scena finale sono diretti con bravura degna dell’Hitchkock più classico di “Vertigo”.

In conclusione l’opera di Chiocchetti contiene – indubbiamente per caso, conoscendo il serafico candore dell’autore – tutti gli ingredienti che ne possono fare un best seller: mistero, cultura, suspense, crimine, religione e sesso. E perché mai, in barba alle nostre riserve iniziali, questa non potrebbe essere la volta de “I Misteri del Cjaslir”?

Anter le gràmole del louf, enbèn, mie bon Piere!

(Il Trentino - Mercoledì 21 Agosto 2013 - costume & società)

Il parere di Guerrino Ermacora

NB: uno che di romanzi storici se ne intende...

Da: Guerrino Ermacora http://www.guerrinoermacora.com/
Data: giovedì 4 luglio 2013
A: Cesare Poppi (antropologo)





• Ho appena finito di leggere "I misteri del Cjaslir". Trovo il libro interessante.

a) Innanzitutto ricostruisce in maniera puntuale e documentata la realtà storica di un'epoca, unitamente al mondo contadino, nobiliare e cittadino (Val di Fassa, Bressanon, ecc...). Inutile dire che il volume sarà particolarmente apprezzato dalla tua gente, lieta di ritrovarsi nei fasti (e nei meno fasti) antichi, per contemplare e ripercorrere il mondo che fu. L’autore del romanzo ha lavorato a lungo ed è stato beneficato da importanti consulenze.

b) Pregevole è lo sviluppo narrativo che si svolge su tre piani. Le realtà temporali s'intrecciano con garbo, sono speculari e pertinenti, aiutano il lettore a situarsi, lo coinvolgono in modo progressivo, stimolando l'interesse. Nella parte finale della narrazione persuadono del tutto. A mio avviso, la cosa non è di poco conto. La capacità di gestire un libro del genere è appannaggio di pochi.

c) In linea con i gusti del momento, l'autore propone tematiche appetibili. Ha la capacità (rara, ai nostri giorni) di proporre figure femminili di natura immaginaria, ma verosimili. Tali figure si mescolano abilmente ad altre donne (Dorothea di Freina, ad esempio), personaggio documentato, il quale assurge a funzione iconica capace di travalicare la dimensione storica fattuale. Per nostra fortuna, mai il romanzo travalica nel fantasy.

d) La documentazione folklorica può trovare ovunque riscontri scientifici, ed è d'indubbio interesse (a te, antropologo, l'ultimo giudizio). Vago e immaginoso è il collegamento con gli echi residuali di un'antichità precristiana, riferito a numi inconsueti e non documentabili, come pure a ritualità legate al colle del Cjaslir (o a riti di fertilità soggiacenti alla vagheggiata "triade femminile", o alle tele narrative che suscitano le sante vergini dei primi secoli, inclusa la patrona Santa Giuliana - elementi cardine del romanzo). Ma tant'è. Un romanzo deve essere un romanzo. Questo, giustamente, lo perdoniamo e lo accogliamo volentieri. Anzi, ben venga.

e) Il libro oscilla sulla difficile linea di demarcazione che corre tra il saggio storico e del romanzo. Lo confronto con il mio "I giorni del crociato". Non licet magna componere parvulis, ma il mio testo è innanzitutto un romanzo. "I misteri del Cjasrlir", che vuole essere romanzo, è soprattutto un saggio. Ognuno ha i suoi equilibri. Capisco l'editore e l'autore i quali - come ho già detto - hanno un mercato editoriale in un'area specifica (alla quale forniscono un'opera di pregio, anzi, molto di pregio). Penso, invece, alla genia cui sono abituato (cioè agli editor che seguono i romanzi). Nel nostro caso ("I misteri del Cjaslir") forse (dico forse, perché non ho verità in tasca, tutt'altro) avrebbero alleggerito il romanzo di 150 pagine e imposto la novità di venti o trenta pagine con sentimenti e cosine varie correlate. Ovviamente tale operazione avrebbe stravolto l'impostazione complessiva del libro e orientato l'autore a fornire un prodotto diverso. Ciò non è accaduto. Benedetto sia l'editor che non c'era.

f) Il romanzo è scritto in un lessico scorrevole e appropriato, in certe parti ricco, come si addice a un autore colto. Onore all'autore, dunque. Ma sia detto che al Chiocchetti manca il guizzo e la capacità evocativa dello scrittore grande, capace di sedurti in poche righe (non si può avere tutto nella vita - già abbiamo ricevuto molto).

sabato 24 agosto 2013

Il Sole 24 Ore on line - Domenica libri

Un sant'uomo e una presunta strega dentro i misteri del Cjaslir 

di Piero Fornara 13 luglio 2013

«Anno Domini 1628, vigilia della Domenica di Passione, sotto il governo del nostro graziosissimo ed eccellentissimo signore, Daniel Zen, per grazia di Dio Onnipotente Principe e Vescovo di Bressanon, (…) io Peter Stauber, umile servo di sua grazia, scrivano e suo segretario personale, principio a scrivere queste povere memorie». Sullo sfondo delle guerre di religione e dei conflitti che segnarono nel secolo XVII i rapporti tra Stato e Chiesa, tra fede e ragione, arriva in libreria il romanzo storico di Fabio Chiocchetti "I misteri del Cjaslir – Storia di un santo vescovo e di una presunta strega" (pagg. 453, € 18,00), pubblicato dall'editore trentino Curcu & Genovese. Attraverso l'invenzione letteraria di Peter Stauber come biografo del protagonista, Chiocchetti racconta una vicenda accaduta quasi quattrocento anni fa nella città vescovile di Bressanone e in Val di Fassa, intrecciata con i processi per stregoneria che interessarono drammaticamente la comunità fassana negli anni 1627-28, e la devozione ancestrale che ancora permane intorno al santuario di Santa Giuliana sul colle del Cjaslir, uno dei più antichi insediamenti della valle.

Storico è invece il personaggio di Daniel Zen (1584-1628) principe-vescovo di modeste origini, che appena eletto si trova a gestire un processo di massa contro presunte streghe della sua terra, la Val di Fassa; documentata storicamente è anche la figura di Dorothea de Freina, donna dai poteri misteriosi che egli ha conosciuto in gioventù. Due vite parallele, tragicamente collegate, di cui è testimone Stauber, che così prosegue nel prologo del libro: «Daniel Zen, mio buon Signore ed amico, è afflitto da un male oscuro e pernicioso. Spesso la notte è scosso da tremori e fitte lancinanti», eppure «la sua elezione, così inattesa e subitanea, ebbe a suscitare inizialmente grandi speranze nel popolo di Dio; (…) ma non solo speranze, ahimè, che intrighi e maldicenze accompagnarono fin da quel giorno il suo cammino, ostacolando in ogni modo la sua azione volta a rinnovare il Principato in spirito di pace e verità».
Per la posizione strategica tra Nord e Sud dell'Europa, fin dall'XI secolo i vescovi di Trento e di Bressanone vennero investiti anche del potere temporale come "principi dell'Impero", esercitando sul loro territorio non soltanto la giurisdizione ecclesiastica, ma anche l'autorità politica e giuridica. I principati furono soppressi soltanto in epoca napoleonica. Daniel Zen è l'unico ladino divenuto principe-vescovo di Bressanone, ma il suo episcopato è stato anche il più breve della storia della diocesi (la sua pietra tombale è visibile all'estremità sinistra del portico davanti al duomo di Bressanone).
Ai "Misteri del Cjaslir" l'autore ha lavorato per tre anni, consultando circa quattromila fogli manoscritti risalenti al Seicento. Chiocchetti è anche il direttore dell'Istituto culturale ladino, che ha sede nel "Tobià de la Pieif", il grande fienile ristrutturato presso la Pieve di Fassa, l'antica chiesa battesimale della valle. Il colle del Cjaslir si raggiunge agevolmente da Vigo di Fassa, dove c'è ancora la casa natale di Daniel Zen, che presenta sulla facciata affreschi secenteschi di Sant'Antonio da Padova e San Giovanni Battista.
(...) Il santuario di Santa Giuliana è un luogo di pellegrinaggio da sempre venerato. Interessante il ciclo di affreschi absidale del XV secolo, dove si vede il Padre Eterno dal triplice volto (rappresentato cioè nelle tre persone di Padre, Figlio e Spirito Santo) e anche "pantocratore" (rara raffigurazione bizantina e medioevale), maestoso e benedicente con tre dita della mano destra. Poco prima di arrivare alla chiesa, si raggiunge un cimitero del conflitto 1914-18, recentemente restaurato, dove sono stati sepolti circa 500 soldati austroungarici e altri 200 militari di varie nazionalità, deceduti durante la prigionia di guerra.
Fabio Chiocchetti, "I misteri del Cjaslir – Storia di un santo vescovo e di una presunta strega", Curcu & Genovese editori, pagg. 453, € 18,00

Primi messaggi e commenti ricevuti

NB: sono gradite anche le critiche, incluse le segnalazioni di eventuali errori di stampa, se mai ci dovesse essere una ristampa...


• 1.
Da: Flavio Vadagnini
Data: 14 giugno 2013

Ho finito da poco di leggere il tuo libro. Devo farti i complimenti perchè hai saputo coinvolgere il lettore a molti livelli di lettura, con riferimenti all'attualità, ma anche con ricostruzione verosimile della situazione di quegli anni. Alcuni passaggi mi hanno fatto pensare ai miti e le credenze aborigene dell'Australia (il tempo del sogno). Evidentemente è sempre esistito anche in tempi e luoghi lontanissimi da noi uno spirito sincretico di rapporto con la natura che può avere un influsso fortissimo sulla scelta dei luoghi "sacri". Fa anche pena pensare che proprio per queste credenze siano stati perseguitate ed addirittura distrutte tante persone ritenute ignoranti o pericolose in nome di una credenza diversa.
Hai fatto bene a scrivere questo romanzo storico perché è sempre utile anzi necessario tenere sveglia la mente della gente per metterla in guardia sulle conseguenze, più o meno violente, date da un fondamentalismo che non è sicuramente retaggio solo di un passato.
Complimenti anche per come è scritto.

2.
Da: Luisa Gretter e Antonello Adamoli
A: Paolo Curcu
Data: 15 luglio 2013 

Assieme ad Antonello voglio fare i complimenti a Fabio Chiocchetti, e anche a te per averlo pubblicato, per l'interessantissimo "I misteri del Cjaslir". Era da tempo che non leggevamo un libro così corretto, documentato e allo stesso tempo molto avvincente e anche attuale, visto il contenuto.
Antonello l'ha letto in due giorni e tu sai che è un tipo molto severo!

3.
Da: Fabio Lucchi
Data: 15 luglio 2013 

Mi chiamo Fabio Lucchi, "vacanziero" a Moena. Mi permetto di contattarLa attraverso il suo indirizzo mail istituzionale per farLe i complimenti per i "Misteri del Cjaslir" che sto leggendo con in questi giorni con passione e grande curiosità.
Il libro è davvero bello e fonte di suggestioni che vanno in varie direzioni, a partire da un lavoro filologico davvero appassionante anche per una persona non addetta ai lavori e di "passaggio" in Fassa: mi aiuterà a conoscere di più, meglio, diversamente i luoghi che da anni frequento in estate.
Interessantissime per me sono anche i collegamenti alle forme di sapere legate al dionisiaco vs apollineo che risuonano nelle pagine del romanzo e che mi riportano alle letture sull'argomento di Giorgio Colli al tempo del mio liceo...

4.
Da: Pino Loperfido 
Data: 16 luglio 2013

ho letto il romanzo in vacanza, durante alcune comode sedute sulla sdraio in spiaggia. Le atmosfere che sei riuscito a creare sono inquietanti e allo stesso tempo piene di fascino e di mistero. La ricerca dell'arcano, di ciò che viene prima mi ha sempre affascinato e il tuo libro ne è pieno. Tantissimi gli spunti e le notizie che non conoscevo. Altissima la necessità di recarmi immediatamente nei luoghi da te descritti, nella segretissima speranza di imbattermi in una Ursina o Dorothea che mi sveli il senso ultimo delle cose. Come scrivi ad un certo punto – citando non ricordo chi – possiamo solo indagare la verità ma non potremo mai possederla. Alla serenità però si può giungere attraverso strade precise e nemmeno troppo arcigne. Ecco qui...
Pino L 

PS: Ahimé ho trovato un paio di errorini, tra cui un Aristolete...

5.
Da: Fernanda Aldrighetti
Data: 24 luglio 2013

Ho avuto il piacere di leggere il suo libro e naturalmente volevo complimentarmi con lei perché l'ho trovato davvero bello, non ho altri aggettivi, credo che non sarò la sola che le ha fatto i complimenti ma io volevo comunque ringraziarla per averlo scritto. Ho letto la copia che ha lasciato in hotel e poi mi sono affrettata a comprarne una copia da tenere nella mia modesta biblioteca, l'ho comunque consigliato a un sacco di miei amici.
L'ho inserita anche nella mia pagina facebook, perché come detto prima e senza troppo ripetermi ho trovato la sua opera un lavoro straordinario, e poi credo che sia un bel riconoscimento per tutte le donne, o no?
La nostra terra è ricca di queste belle storie che si intrecciano fra sacro e profano, fra favola e realtà e quindi è importante che qualcuno ne scriva, perché attraverso il passato ci riconosceremo nel futuro.
Grazie e spero a presto.
Sua "ormai" affezionata lettrice.

Prumes comenc da man ladina

NB: ence a chisc n gran detalpai!


• 1.
Da: Verra, Roland Engelbert
Data: 10 giugno 2013

ei finà de liejer ti romann y muessi dì che l me à fat na gran imprescion. Cumplimënc per l fortl leterer, la tueda storica y la criatività che te es desmustrà.
N cont dl seuraviver de formes paganes te nosta valedes sons defin a una cun te.
Povester es mpue massa idealisà l vescul Zen, ajache savon che chiche à l pudëi ne possa nia vester n sant.
Dut l bon


2.
Da: Mazzel Anna Maria
Data: 24 giugno 2013

È let béleche dut te n fià to liber!!! Complimenc: enteressant, ben scrit e rich de idees e elemenc storics… L'é conseià a muie de jent e spere proprio che l vegne let con la gaissa e l'interesc che l'à descedà te me.
De bie saluc Anna

P.S. che chesta fiochèda anché 24 de jugn sibie ruèda per via de vèlch strionarìa?

3.
Da: Lifeline Dolomites
Data: 24 luglio 2013 09.18.4

Picol pensie sun to liber
Te trei dis é let to liber con gran piajer, curiosità, più jie inant e più el me ciapaa ite, el me fajea jir ite te chel sentir coscì cognosciù, coscì proà tante oute canche se rua te valch post olache tu te sente bel apontin “desché tal gremen de la Mare”.
No é nesciuna competenza par dar en giudizie ne storich, ne stilistich, ma posse te dir segur che é proà en sentiment fon, en retroar parole, esprescion e sensazion cognosciude, desché de partegnuda, de far part de chela sensibilità e de chel sentir fon e douc.
Fosc parché tei momenc più riesc, de dolor e de gran padiment mie cher à troà pasc, el se à lascià ciapar par man da la Mare tera, dal bosch, da nosce mont desché te en braciacol de sostegn, de gran aiut e de corage par jir inant.
Talpai de cher

Renata



4.
Da: Rut Bernardi
Data: 1 settembre 2013

l Te scrij una di 25 letëures de Ti liber nuef.
Dan 10 dis me l à Anna purtà y ntan l'ena passeda l ei liet tres te un n trat! Te feje i gran cumplimënc!!! A mi me à dantaldut plajù la pertes cuntedes, "storiches", di prim tëmps y la ancuntedes for inò di doi cumpanies Zen y Stauber! Chëla pertes me sà scrites propi scialdi, scialdi bën!
De gra per l liber y de biei saluc da

Rut Bernardi