UN LIBRO, UNA STORIA: Recensioni, commenti, eventi e curiosità

domenica 27 aprile 2014

Glorenza, antica terra romancia

 Ovvero: i segni della "donna misteriosa"


Glorenza, città murata posta a presidio della Val Monastero (Müstair), a sua volta porta del Canton Grigioni, Confederazione Elvetica. Come già il monastero benedettino di Monte Maria (Marienberg), Glorenza agli inizi del ’600 per volere degli Asburgo divenne centro culturale e amministrativo da cui promanò la germanizzazione dell’Alta Val Venosta, allora ancora per larga parte di lingua romancia. Qui è ambientata la prima parte del romanzo, incentrata sull’infanzia di Peter Stauber, originario del villaggio di Burgais e cresciuto dai monaci dell’Abbazia.
Sulla piazza di questa città si svolge l’episodio che segnerà il suo destino: l’incontro con l’Orsa e con la Donna misteriosa venuta di lontano al seguito di una compagnia di zingari musici e saltimbanchi, entrati in città attraverso la Porta Sluderno...

Aur tia ment, osserva mi segnes e ciala da ite de te.

“Apri la tua mente, osserva i miei segni e guarda dentro di te”. Sono queste le parole che Peter e Daniel ascolteranno in circostanze analoghe, nello stesso preciso lasso temporale, ma in luoghi distinti.

Peter tornerà nei luoghi della sua infanzia, e seguendo quei segni giungerà sulla collina di Tarces, che domina la valle e la città. Qui scoprirà una chiesetta dedicata a San Vito, proprio come sul Cjaslir e sull’altura di Maranza. Anche qui si conservava una tavola delle Tre Sante Vergini, Aubet Cubet e Gwere.

Strana coincidenza, non è vero? 


Ma non è tutto. Ai piedi di questa collina sorge un’altra chiesetta, dove tutt’oggi campeggia un gigantesco San Cristoforo. Osservate bene quest’immagine: che ve ne sembra? che sia del tutto casuale (o frutto di una immaginazione perversa) quella strana forma fallica che fuoriesce dalla saccoccia del Santo?

In ogni caso è bene sapere che quella collina era un luogo di culto frequentato fin dall'Età del Bronzo, sede di riti femminili di fecondità: tra i reperti più interessanti si ricorda un fallo istoriato in corno.

Che tutto sia davvero casuale?

D'accordo, probabilmente sono solo fantasie: ma si tratta pur sempre di un romanzo...
A voi la parola!

giovedì 3 aprile 2014

Nel ricordo di Mario Rigoni Stern

Un reportage di Lucia Gross
 

Il Palazzo dei Congressi di Riva del Garda era pieno zeppo, sabato 29 marzo, per la consegna del Premio “Mario Rigoni Stern” per la letteratura multilingue delle Alpi. Lo sguardo fiero ma sereno dello scrittore di Asiago campeggiava dal grande ritratto posto accanto al palco, mentre le parole tratte dai suoi scritti risuonavano attraverso la voce di Bepi de Marzi, alternate alle musiche eseguite con bravura dagli allievi del Conservatorio di Trento e Riva. 

Il premio è andato al romanzo “La voce degli uomini freddi” di Mauro Corona (Mondadori), un autore famoso, che ha manifestato stima e affetto per Mario Rigoni Stern. Secondo il coordinatore della giuria Graziano Riccadonna, questo riconoscimento rappresenta anche una sorta di “premio alla carriera” per lo scrittore di Erto, che a suo stesso dire ha trovato nella letteratura la strada del riscatto da una “vita scellerata”, condizionata da alcool e iracondia. 

“Quanto stasera tornerò a casa e mi guarderò nello specchio, mi dirò che forse ce l’ho fatta ad uscire dall’inferno”, ha commentato Corona. 









Oltre ad assegnare il prestigioso riconoscimento a Mauro Corona, la giuria ha voluto segnalare altre due opere considerate di particolar valore per la considerazione che questo premio rivolge al multilinguismo. Tra i partecipanti vi erano anche degli autori ladini, e proprio l’opera di un ladino, Fabio Chiocchetti, ha ottenuto la segnalazione della giuria (accanto al romanzo in lingua tedesca “Der Nachlass Domenico Minettis” de Dietmar Gnedt). 

Il suo romanzo storico “I Misteri del Cjaslir” è stato apprezzato per la capacità di dare, attraverso la storia di un vescovo e quella dei processi per stregoneria in Fassa, un quadro articolato della storia del popolo nei secoli passati, fra leggende, credenze e tradizioni. 
Fabio Chiocchetti, che ha ricevuto il riconoscimento dalle mani dello scrittore e giornalista Paolo Rumiz, si è detto molto contento del fatto che la lingua ladina possa trovare attenzione anche fuori dai propri confini. 

Nella sua opera infatti il ladino – e un ladino molto curato e di notevole forza letteraria, viene usato – in contrapposizione con l’italiano dotto proprio degli ambienti culturali del ’600 – per dar voce al pensiero e al dolore delle donne della nostra terra, donne che avevano un rapporto molto profondo con la natura e i suoi segreti. 

(tradotto in sintesi dal ladino, “La Usc di Ladins” n. 14/ 2014)