UN LIBRO, UNA STORIA: Recensioni, commenti, eventi e curiosità

domenica 23 marzo 2014

Libri, lingue e minoranze

Molto più di una recensione

• C’è un ritornello sempre di moda quando si affrontano temi culturali nel nostro paese: in Italia si legge poco, pochissimo, niente. Forse sarà vero, non mi intendo di statistica, ma poi vedo librerie e libri un po’ ovunque e la cosa mi conforta.
Io non sono così snob da considerare il libro oggetto sacro e intangibile tale da non poter fare la sua bella figura accanto al banco degli affettati, considero però un valore aggiunto la mano saggia del libraio, e bene prezioso la sua amicizia. Non sono nemmeno così ingenuo da non sapere cosa si legga oggi in Italia, ma sono convinto che ognuno abbia diritto al proprio libro, qualunque esso sia.
 (...)


Oggi voglio scrivere di un libro non facile ma bello, oppure se preferite, bello perché non facile, un libro che ho incontrato anche al supermercato e che in questi giorni ha avuto la rara ventura di essere ristampato; per un libro di tale fatta pubblicato da un piccolo editore è un sicuro avvenimento. Il libro è: I Misteri del Cjaslir scritto da Fabio Chiocchetti edito da Curcu e Genovese.
Un romanzo che riguarda da vicino le minoranze, ogni minoranza! Riguarda le minoranze linguistiche della nostra regione, perché Fabio Chiocchetti da fine cultore della sua lingua madre Ladina ricama la sua scrittura con pagine in ladino dalla forza inconsueta che insegna a tutti noi scrittori di minoranza quanto le piccole lingue possano essere strumento di grande letteratura. Certo l’italiano rimane strumento per raggiungere un pubblico più ampio, ma se accanto a quello riusciamo a non dimenticare mai la nostra Lingua Madre possiamo, come bene ha fatto Chiocchetti, raggiungere due obbiettivi ugualmente importanti: farci leggere da più persone e contemporaneamente fare apprezzare, con una lingua più vicina all’anima, quanto di profondo e complesso ci sia in una minoranza etnico linguistica e farne capire l’importanza per ognuno anche se appartenente alle cosiddette maggioranze.

Riguarda le minoranze in genere, perché il romanzo racconta di un tempo strano della storia, un tempo in cui si apriva la modernità e per contrasto o forse invece per conseguenza, si bruciavano sul rogo, con tutta l’ufficialità possibile, persone accusate, non già di delitti orrendi, ma di cose che nel buio del medioevo più profondo venivano considerate fantasie di povere donne, di Minoranze. 
Già, I Misteri del Cjaslir si occupa in apparenza di streghe e inquisitori, di vescovi e di gente del popolo, ma a mio avviso si occupa di quello che l’autore sottotraccia ci indica come una minoranza, una minoranza culturale, religiosa e linguistica, una minoranza che risulta insopportabile alla furia omologatrice della modernità nascente. Una minoranza sotto scacco, le streghe! Una minoranza, la cui lingua risultava incomprensibile agli inquisitori per la distanza invalicabile che separava il suo mondo da quello dei chierici. Una minoranza dentro lo stesso popolo minuto che nutriva nei confronti del fenomeno un comportamento ambivalente, che diventa sempre più intollerante man mano che la cosiddetta modernità prende piede. 
Oggi siamo di fronte ad altre e altrettanto potenti forze omologatrici, riflettere sul mondo delle streghe con la competenza dello scrittore di Moena non può che essere riflessione sullo stato delle nostre minoranze tollerate fino ieri, domani con la scusa economica spazzate via dalla storia. 

Andrea Nicolussi Golo

(PS: l’immagine qui sopra riprodotta è un’opera dell'artista fiemmese Mariano Vasselai)

giovedì 13 marzo 2014

Uno strano Salvan

Ovvero: un'altra divinità con tre volti

Di ritorno da Bressanone, dove nei giorni scorsi ho avuto modo di presentare il romanzo, eccovi l'immagine inquietante del "Salvan tricipite" che sorprende il buon Peter Stauber per la sua inopinata similitudine con il Padreterno dipinto sulla volta del santuario di Santa Giuliana.
Ve la ripropongo insieme al passo che lo riguarda...



Intanto, scendendo da porta San Michele dopo aver sbrigato le faccende, eravamo ormai giunti all’incrocio con i Portici Minori. In quel mentre alzai lo sguardo e di colpo mi fermai impietrito:
«Eccolo, è là...» mi sorpresi a sussurrare mentre fissavo immobile la figura lignea che adornava l’angolo di un edificio che si ergeva proprio di fronte a noi, prospiciente la Casa del Giudizio.
Pellegrin seguì il mio sguardo, poi disse rassicurante:
«Quello è il Salvan, l’Uomo Selvatico, non c’entra nulla...»
«Ma... ha tre volti!»
«Beh sì, ma non ha nulla a che vedere con Sentovit.»
«Ne sei proprio sicuro?...»
«Certo, è un personaggio di cui si narrano leggende, storie fantastiche, le conoscono anche i bambini...»
Le conoscevo anch’io. Erano comuni nelle valli alpine, ed erano più o meno le stesse. (...)

Non so per quanto tempo rimasi assorto in questi pensieri. Pellegrin mi scosse:
«Stai bene, Peter?»
«Ma ha tre volti...», ripetei ancora frastornato.
«Già, è strano in effetti, non ci ho mai fatto caso. Non ne so nulla, chiederò in giro, se la cosa ti interessa...»
Lo ringraziai e tornammo alla locanda. Mentre ci veniva servito il solito pasto frugale, chiedemmo all’oste notizie su quella strana effige.
«Ah sì, der Wilde Mann, l’Uomo selvatico. È un po’ il portafortuna della città, per chi ci crede... Dicono che se lo fissate a lungo, quello si mette a sputar monete d’oro da ognuna delle sue tre bocche...»
«Certo!» aggiunse un avventore che aveva seguito la conversazione da un tavolo vicino, «ma solo il Venerdì Santo, quando suonano le campane!...» Ovvero: mai. Al ché gli astanti proruppero in un’unica sonora sghignazzata. A me sembrò peraltro che dietro tanto scetticismo affiorasse ancora il ricordo di un’antica divinità benefica, dispensatrice di ricchezza e di fortuna, un tempo degnata di maggior rispetto...

Su questo tema, vedi anche: TRIADI DIVINE  E DIVINITÀ TRIFORMI, dicembre 2013.