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sabato 28 dicembre 2013

La Dea dell’Alpe

Ovvero una improbabile “Santa Margherita” 

• La “Canzun da Sontga Margriata” è una delle più suggestive testimonianze della cultura alpina pre-cristiana: un testo nell’arcaica lingua della Surselva, tramandato su una melodia salmodiante d’altri tempi, che giunge fino a noi portandoci la voce della Dea primordiale della fertilità, colei che sovrintende al ciclo della vita e della morte. Il nostro Peter Stauber conosce questo canto (Cap. VI), poiché sua madre era di lingua romancia: ed è plausibile che all’epoca esso fosse largamente noto, se fino alla metà del sec. XIX veniva ancora cantato dalle contadine engadinesi durante il lavoro dei campi. Così afferma Christian Caminada, l’erudito che lo raccolse nel 1931 dalla voce di Catarina Gartmann-Casanova di Pruastg. Un caso singolare, anzi un vero miracolo, poiché costui era il vescovo cattolico di Coira: un altro al posto suo l’avrebbe certamente condannato e proibito severamente, per manifesto “paganesimo”. Ma si trattava anche di un importante documento della lingua romancia, forse il più antico...
Per accostarsi ad esso suggerisco innanzitutto di ascoltare Corin Curschellas, l’artista che lo fa rivivere in veste moderna, ma con la stessa intensità di una vestale antica.


Sontga Margriata ei stada siat stads ad alp,

Mai quendisch dis meins.

In di eis ella ida dal stavel giu,

Dada giu sin ina nauscha platta,
Ch’igl ei scurclau siu bi sein alv.

Paster petschen ha quei ad aguri cattau.

«Quei sto nies signun ir a saver,

Tgeinina zezna purschala nus havein.»




Traduzione:
Santa Margherita stette sull’Alpe / per sette estati, meno quindici giorni. / Un giorno scendeva dal pascolo, / scivolò su una pietra cattiva e cadendo / scoperse il suo bel seno bianco. / Il giovane aiuto-pastore se ne accorse: / “Il malgaro deve pur sapere / che razza di pastora giovinetta abbiamo qui” (...)

Corin Curschellas ne canta solo alcune strofe, ma potete trovare nel web il testo integrale con la versione tedesca a fronte:
http://de.wikipedia.org/wiki/Canzun_de_Sontga_Margriata

La storia si conclude in questo modo: la giovinetta (nel testo purschala sta proprio per "pulzella") chiese al piccolo pastore di mantenere il segreto, promettendogli una serie di doni straordinari, ma inutilmente, così alla fine presa dall’ira lo fece sprofondare sottoterra e se ne andò lontano maledicendo l’alpeggio che essa aveva fatto rifiorire: da allora i rigogliosi pascoli si seccarono e persino le sorgenti furono prosciugate.

Anche nelle Dolomiti si racconta di pascoli trasformati in sterili pietraie, ma per opera del Salvan, signore dell’alpe; questi prima rivela agli uomini i segreti della caseificazione, poi ne viene malamente scacciato, perché quegli ingrati vogliono impadronirsi degli alpeggi. Questo Peter Stauber lo sa, e non può fare a meno di associare le due leggende, intuendo che in entrambi i casi si ha a che fare con antiche divinità benefiche della fertilità, offese e ripudiate.
Nel romanzo non si dice di più, ma scorrete il testo della cantica grigionese: quali sono i doni che la Santa giovinetta promette al malcapitato pastorello? passi per le tre camicie che più le sporchi e più bianche diventano, ma poi si tratta di “tre belle pecore, che puoi tosare tre volte l’anno”, quindi “tre belle mucche, che puoi mungere tre volte al giorno”, poi “un bel prato recintato, dove puoi falciare tre volte l’anno”, ottenendo ogni volta lana, latte e fieno in grande quantità. Ma non basta: alla fine la Santa promette in dono “un mulino che di giorno macina segale e di notte frumento, senza doverci mai mettere nulla”. Non sono questi i doni dell’abbondanza, i “doni delle vivane” di cui parlano le leggende fassane? E non è forse prosperità, salute e amore ciò che portano agli uomini le Tre Vergini di Maranza?

E Santa Margherita, vergine e martire d’Antiochia, cosa c’entra? Lo vedremo la prossima volta: scopriremo altre connessioni interessanti, confrontando in particolare la “Canzun da Sontga Margriata” con il racconto fassano de “La Vivana scacciata” (De Rossi, 1984). 

Intanto vi segnalo il bel saggio di Karen P. Smith, Serpent-damsels and Dragon-slayers: overlapping Divinities in a medieval Tradition, 2006 (che potete leggere anche sul web) e vedrete presto la nostra Santa giovinetta farsi letteralmente in Tre... 

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