UN LIBRO, UNA STORIA: Recensioni, commenti, eventi e curiosità

giovedì 5 settembre 2013

Il pensiero di un "Cimbro"

ovvero: Andrea Nicolussi Golo 

• Fabio Chiocchetti in un altro tempo lo si sarebbe chiamato uomo di multiforme ingegno, musicista e musicologo, studioso di linguistica, critico letterario, romanziere. Si interessa di Storia, quella con la S grande, ha dato alle stampe libri in italiano e ladino, ha incontrato la marginalità e ne ha scritto: indimenticabile il suo racconto “Il Volo di Icaro” e amaro il suo disincanto in “Icaro non vola più”. Ecco, quello che mi intimidisce in Fabio Chiocchetti è proprio questo, il suo approccio al sapere, fuori moda nel mondo di oggi. Spero di non offenderlo se lo definisco rinascimentale, ma per me è un grande complimento: di quei giganti ha la curiosità e lo stupore davanti alle cose anche se con la sua aria tranquilla da signore di campagna cerca di nascondersi.

Adesso Fabio si presenta con questo libro importante. Qualcuno, che dal cognome potrebbe avere origini dalla sua terra, recensendolo gli augura di diventare un best seller, perché ve ne sono tutti gli ingredienti, dice: mistero, suspense, crimine, religione e sesso, anch’io mi auguro e auguro a Fabio che il libro venda moltissimo (anche perché se non sbaglio i guadagni andrebbero impiegati per una buona causa), ma se ciò avvenisse non sarà di certo per gli ingredienti sapientemente amalgamati come si usa fare oggigiorno per costruire un best seller, un po’ di avventura, un pizzico di religione… (qualche grasso frate lussurioso fa sempre la sua bella figura dopo “Il Nome della Rosa”), una manciata di mistero, efferatezze assortite, una spruzzatina di storia vera e sesso QB… quanto basta. No, se questo libro avrà una grande diffusione, se avrà successo, sarà solo perché il mondo è un pochino migliore di quello che comunemente pensiamo, perché questo è uno di quei libri non inutili dei quali parlava Nuto Revelli nella sua poesia dedicata a Mario Rigoni Stern e a Primo Levi, autori appunto di libri non inutili, a giudizio del grande Nuto (e mio naturalmente). Sì, questo è un libro che vale la pena di leggere, un libro bello perché non facile, a mio avviso tutto il contrario, purtroppo, di un best seller di oggi.

Sono tanti gli incontri che si fanno dentro quelle 446 pagine e per tenere conto di tutto occorre davvero impegnarsi. Il primo incontro e non poteva essere diversamente è con la lingua ladina, una lingua che io non conoscevo. Per uno come me, che si occupa di lingue piccole ogni giorno questa potrebbe essere una confessione di inefficienza, ma non è così, il Ladino lo conosco e pensavo anche di conoscerlo piuttosto bene, ma non conoscevo questa lingua potente ed evocativa, che ha poco a che vedere con il ladino dei mass media. Ecco l’aggancio forte al tema di oggi: questo è ladino letterario, ben diverso da quello necessariamente usa e getta di una pagina di quotidiano. (...) Per le lingue piccole la cosa è ancora più complessa, difficilmente le lingue piccole riescono a cambiare tono ad avere registri diversi da quello orale, occorre impegno e conoscenza, conoscenza e impegno, entrambe profuse a piene mani da Fabio Chiocchetti in questo libro per il suo Ladino. 

Il secondo incontro è l’orso, il totem delle genti alpine, rispettato invocato e odiato in ugual misura, simbolo della forza primigenia della natura. Simbolo di una sacralità infinitamente lontana da una religione che il Concilio di Trento vuole cristallina di fede purissima, di solo cielo. Simbolo di una religione di terra. E in fondo questo racconta il libro lo scontro tra la sacralità della terra con la sacralità del cielo, uno scontro tra il corpo e l’anima. A specchio con l’orso l’altro incontro è con Nikolaus Krebs von Kues il vescovo di Bressanone, il cardinale filosofo, teologo, umanista, giurista, matematico, astronomo, l’uomo del Concilio di Basilea, l’ambasciatore del papa a Costantinopoli che, come sorgente carsica di sapienza, emerge per ricordarci qua e là il giusto equilibrio tra ragione, fede e natura. Io sono devoto a Nikolaus Krebs, Nicolò Cusano, mo lo è, anche se non esplicitamente dichiarato, pure il protagonista della storia… e forse anche Fabio Chiocchetti.

Naturalmente incontriamo il vescovo valligiano Daniel Zen da Vig, o meglio il suo biografo alter ego narratore Peter Stauber, che non può non raccogliere in sé anche molta della personalità di chi scrive. E poi incontriamo le donne, le dee della fertilità mascherate sotto mille maschere ma sempre riconoscibili, e poi le donne della sua valle, sua di Daniel ma anche sua di Fabio: donne che la fatica rende misteriosamente belle e forti. Donne a cui il libro è esplicitamente dedicato.

Non voglio svelare la storia, oltre a quello che recita il risvolto di copertina: “storia di un santo vescovo e di una presunta strega”, ma se per caso coltivate delle curiosità pruriginose attorno a streghe, inquisitori, uomini di religione, torture,... lasciate perdere, non provate nemmeno a leggere questo libro, rimarreste delusi, andate in una qualsiasi libreria e ne avrete da stufarvi: scaffali pieni di libri di genere vi aspettano. Questo non è un libro di genere, non lo è per come è nato, da fonti storiche, non lo è per come è scritto: io che l’ho appena finito di leggere posso assicurarvelo.
Se invece vorrete sapere qualcosa di più e di più profondo, di vero (nonostante l’artificio del romanzo) di noi, e metto in questo noi anche la mia gente cimbra, se vorrete saperne di più delle genti delle Alpi della loro fede perduta, che come i nativi d’America dava anima ad ogni essere del creato vivente e non, questo libro avete il dovere di leggerlo: vi farà riflettere a lungo. Grazie Fabio.


(Dalla presentazione de “I Misteri del Cjaslir”, in occasione del convegno “Le Parole del Cuore”, Festival della montagna consapevole Tra le Rocce e il Cielo, 30 agosto 2013)


A proposito di Cimbro mi viene in mente che nella mia lingua madre sono innumerevoli le tracce di antichi credi: il termine arcaico “hagezusa” per esempio, che stava ad indicare le sacerdotesse silvane, guaritrici e indovine, è passato nei dialetti germanici come termine dispregiativo “zusl”; nella lingua cimbra, “züzzl” conserva invece ancora intatte le sue connotazioni benigne, ancora oggi ti può capitare di sentire una vecchietta rivolgersi ad una ragazza in fiore dicendole “Du pist a züzzl”, e ad una bambinetta cortese e simpatica con il vezzeggiativo “Schauge betta schümma züzzele du pist”, ignorando naturalmente con questo di evocare le antiche sacerdotesse, ma per me che “so” ogni volta è un tuffo al cuore e non posso non andare con il pensiero a Dorothea e alle altre, a tutte le altre.

3 commenti:

  1. Grazie a te, Andrea. Grazie anche per aver citato "Il volo di Icaro" e il suo Epilogo.
    Come ti ho già detto, se tu sei "intimidito" nei miei confronti (e spero di dimostrarti che non ce n'è alcuna ragione), io sono rimasto letteralmente "commosso" dalla tua presentazione. Hai saputo cogliere più di quanto abbiano colto tutti gli altri, e credo di sapere anche il perché: con tutto il rispetto per gli "scienziati", tu sei uno scrittore, e uno scrittore molto sensibile, e in più sei - orgogliosamente - un Cimbro. Tra minoranze ci si intende...

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  2. Grandi Andrea e Fabio due intellettuali che ho cosciuto personalmente.In questo mondo fatto di superficialita' e banalita' la cultura ed il sapere che esprimono son il vero antidoto all'ignoranza galoppante e alla perdita di criticita' e amore per il sapere.Si, amore per il sapere vera chiave di volta per una vita piu' autentica sempre e comunque.

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    1. E' gentile da parte tua, caro Lettore Anonimo: mi piacerebbe ringraziarti personalmente, se solo sapessi il tuo nome...

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