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giovedì 3 aprile 2014

Nel ricordo di Mario Rigoni Stern

Un reportage di Lucia Gross
 

Il Palazzo dei Congressi di Riva del Garda era pieno zeppo, sabato 29 marzo, per la consegna del Premio “Mario Rigoni Stern” per la letteratura multilingue delle Alpi. Lo sguardo fiero ma sereno dello scrittore di Asiago campeggiava dal grande ritratto posto accanto al palco, mentre le parole tratte dai suoi scritti risuonavano attraverso la voce di Bepi de Marzi, alternate alle musiche eseguite con bravura dagli allievi del Conservatorio di Trento e Riva. 

Il premio è andato al romanzo “La voce degli uomini freddi” di Mauro Corona (Mondadori), un autore famoso, che ha manifestato stima e affetto per Mario Rigoni Stern. Secondo il coordinatore della giuria Graziano Riccadonna, questo riconoscimento rappresenta anche una sorta di “premio alla carriera” per lo scrittore di Erto, che a suo stesso dire ha trovato nella letteratura la strada del riscatto da una “vita scellerata”, condizionata da alcool e iracondia. 

“Quanto stasera tornerò a casa e mi guarderò nello specchio, mi dirò che forse ce l’ho fatta ad uscire dall’inferno”, ha commentato Corona. 









Oltre ad assegnare il prestigioso riconoscimento a Mauro Corona, la giuria ha voluto segnalare altre due opere considerate di particolar valore per la considerazione che questo premio rivolge al multilinguismo. Tra i partecipanti vi erano anche degli autori ladini, e proprio l’opera di un ladino, Fabio Chiocchetti, ha ottenuto la segnalazione della giuria (accanto al romanzo in lingua tedesca “Der Nachlass Domenico Minettis” de Dietmar Gnedt). 

Il suo romanzo storico “I Misteri del Cjaslir” è stato apprezzato per la capacità di dare, attraverso la storia di un vescovo e quella dei processi per stregoneria in Fassa, un quadro articolato della storia del popolo nei secoli passati, fra leggende, credenze e tradizioni. 
Fabio Chiocchetti, che ha ricevuto il riconoscimento dalle mani dello scrittore e giornalista Paolo Rumiz, si è detto molto contento del fatto che la lingua ladina possa trovare attenzione anche fuori dai propri confini. 

Nella sua opera infatti il ladino – e un ladino molto curato e di notevole forza letteraria, viene usato – in contrapposizione con l’italiano dotto proprio degli ambienti culturali del ’600 – per dar voce al pensiero e al dolore delle donne della nostra terra, donne che avevano un rapporto molto profondo con la natura e i suoi segreti. 

(tradotto in sintesi dal ladino, “La Usc di Ladins” n. 14/ 2014)

3 commenti:

  1. Sempre a proposito di letteratura e minoranze... Rigoni Stern, si sa, ci teneva alle sue radici cimbre: il suo romanzo "La storia di Tönle" (1978) è stato recentemente ricondotto al suo ambito linguistico d'origine grazie alla traduzione in cimbro di Andrea Nicolussi. Ma in fondo anche Mauro Corona è ladino, lo sapevate? A Erto e Casso (in dizione locale Nèrt e Chas) si parla "nertan", una varietà-ponte tra il ladino dolomitico e il friulano. Sembrano i fili sotterranei di una stessa rete che abbraccia le genti alpine...

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    1. Verissimo la Lingua Madre di Mauro è proprio ladina, e nella sua lingua madre ha scritto "La ballata della donna ertana" con un testo italiano a fronte illeggibile, una traduzione pessima, ma l'originale a mio modestissimo giudizio è ottimo e merita di essere letto. Io ho avuto il privilegio di sentirlo per intero dalla sua voce in una sera di neve e il ricordo ancora mi emoziona
      Un caro saluto Andrea

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    2. Acc!... non sapevo che l'originale era in nertan! Grazie Andrea, me lo procuro subito!

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