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sabato 5 ottobre 2013

Piere dal Polver e gli altri

Questioni di modestia e di pseudonimi

• Il mio amico G.B., dopo aver letto e apprezzato (bontà sua) la mia “ultima fatica letteraria” mi manda un post su fb con il seguente rilievo:

«C'è solo una cosa che però mi ha lasciato un po' perplesso: a suo tempo, quando avevo letto gli altri tuoi due libri (usciti sotto pseudonimo) avevo molto apprezzato il fatto che avessi deciso di non metterti "in mostra", lo avevo trovato un gesto di splendida modestia che dava ancor maggiore luce alla tua sterminata cultura, perché quindi uscire allo scoperto ora e far riportare nel retrocopertina anche i libri usciti sotto pseudonimo? Che bisogno c'era? Perché uno dovrebbe pubblicare sotto pseudonimo e poi far sapere a tutti d'essere l'autore?
Tutto ciò non toglie i meriti dei tuoi scritti ma francamente la vedo come un'incongruenza che in sé non porta nulla.
Poi va detto che non trovando altri appigli per farti una critica mi sono dovuto aggrappare a questo per andare a cercare il classico pelo nell'uovo.»

A parte l'accenno alla "sterminata cultura" (che mi sembra un po' eccessivo), l’ho ringraziato, e lo ringrazio, per la sua amabile osservazione, anzi approfitto per rilanciare la discussione su queste pagine.

Confesso che ho inutilmente tentato fino all'ultimo di far uscire il libro sotto il nome di "Fabio C.", ma l'Editore è stato irremovibile. L'altra volta (con “il volo di Ícaro”) non c'erano stati problemi: in sostanza si trattava di un'auto-edizione, anche se l'amico Claudio Nicolodi ci aveva messo l'etichetta. Ho provato anche a far passare l'idea di firmare col nome del protagonista (Peter Stauber, alludendo all'altro pseudonimo "Piere dal Polver" che ho usato negli scritti ladini), sarebbe stato carino.
Forse non è nemmeno questione di modestia: è vero che non mi piace mettermi in mostra, però più che di anonimato, si sarebbe trattato di un "gioco a nascondino", o un gioco degli specchi, come è accaduto e accade ancora in letteratura.
Insomma, per un lavoro così impegnativo mi hanno convinto che era necessario anche "metterci la faccia". Non ti dico come ha risposto l'Editore quando (scherzando) ho citato l'esempio di "Melissa P.", ma lo potete immaginare...
Come avrei fatto, del resto, a presenziare alle varie presentazioni? con una maschera sulla faccia? C'era anche il progetto di restauro del dipinto... A quel punto, tanto valeva scoprire le carte anche con gli altri lavori, tanto la maggior parte sa e sapeva già. Scelta certamente criticabile, ma che volete, nella vita bisogna mediare.

Allora approfitto per citare per esteso anche i miei precedenti lavoretti, così magari qualcuno si aggiunge ai miei (stavolta davvero pochi) lettori.
Questo vale in particolare per “La storia vera del Drach de Dona”, libretto di un’ottantina di pagine pubblicato per l’appunto con lo pseudonimo di “Piere dal Polver” dall’Istituto Culturale Ladino (2005), e passato quasi inosservato (meno che all’acuta vista di Giorgio Jellici che lo ha recensito in “Mondo Ladino” 29). Del resto chi scrive in una lingua minoritaria sa benissimo che la cerchia dei potenziali lettori è assai ristretta.
Ma mi piace qui ricordare quel lavoretto, poiché contiene (pur in chiave ironica e satirica) riferimenti a temi e figure della mitologia ladina che ritorneranno nei “Misteri” come uno dei filoni portanti della narrazione. Per chi conosce appena un po’ di tedesco la relazione tra “Piere dal Polver” e “Peter Stauber” non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.

La scelta di scrivere in italiano “Il volo di Ícaro. Storie di ordinaria marginalità a Salvador da Bahía” (Nicolodi 2003) è stata istintiva, quasi automatica, e le ragioni sono facilmente intuibili. Qui “Piere dal Polver” come pseudonimo non aveva senso: allora perché non “Fabio C.”? Suonava bene... Vabbè, è una storia lunga, che si conclude con un epilogo: “Ícaro non vola”, scritto nel 2010 dopo il mio ultimo viaggio in Brasile. Si trova in una pubblicazione online dell’Istituto di romanistica dell’Università di Berlino.
http://www2.hu-berlin.de/festschrift-kattenbusch/chiocchetti-icaro.html

Cito questa avventura solo perché qualche attento lettore dei “Misteri” avrà colto sicuramente qualche vago riverbero proveniente dal sincretismo afro-brasiliano. O sbaglio?

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