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mercoledì 20 novembre 2013

...e allora parliamo di Ursina

... così vi svelo un piccolo retroscena

• L'amico Marco ha ben inteso il ruolo di Ursina, figura emblematica dell'universo femminile e simbolo dell'Eros come forma di conoscenza. Tuttavia è evidente fin dal nome: lei non appartiene propriamente alla società valligiana, altrimenti si chiamerebbe Órsela, come altre donne del romanzo. 
Ursina è infatti la versione esotica (= romancia) di "Ursula", nome comunque connesso con sant'Orsola, e prima ancora con l'Orsa della mitologia.

È altrettanto evidente il richiamo alle Vivane (o Ganes, o Anguane che dir si voglia), creature femminili affascinanti e misteriose che nella tradizione ladina e alpina in generale si uniscono talvolta agli uomini, ma solo a determinate condizioni e per un arco temporale delimitato. Una manna per antropologi e folkloristi (la letteratura sul tema è ormai piuttosto vasta) che si accapigliano per studiare e spiegare i significati nascosti nell'immaginario popolare.
Perché, ovviamente, si tratta di figure dell'immaginario, non è vero? anche se ancora oggi si racconta che in passato queste esistevano davvero, anzi era capitato proprio al classico "bisavolo del cugino di mia moglie" di averne sposato una, ecc. ecc. In realtà nessuno le ha mai viste... 
Eppure, quella immortalata nella foto che ripropongo qui sopra potrebbe proprio essere una Vivana: così grossomodo le descrivono le fonti.

Come dicevo in precedenza, l'immagine non ha nulla a che vedere con la tradizione alpina, ma proviene dalla lontana Lettonia, terra dove "è ancora viva un'antica religione dell'età del Bronzo". Forse la definizione è impropria, ma cito testualmente da un réportage sui riti agrari ancora in uso a quelle latitudini per la festa di Janis, ossia San Giovanni, che cade per l'appunto il 23 giugno, solstizio d'estate. Lo si trova pubblicato in una nota rivista di divulgazione più o meno scientifica. L'amico Cesare Poppi, che all'evento documentato ha preso parte in qualità di antropologo, me ne ha parlato diffusamente. 
Ora posso confessare che a queste testimonianze si ispira liberamente la descrizione dei rituali agresti che in modo del tutto arbitrario ho attribuito a quella conventicola di donne chiamate nel romanzo Fies de Sentovit (figlie di San Vito).

Le immagini parlano da sé. So di incorrere negli strali dei censori, ma tant'è, ognuno si faccia un'opinione e magari dica la sua. Ci sarebbe anche la foto dell'antropologo che balza coraggiosamente oltre il fuoco, rischiando le chiappe, come fa - sempre nel romanzo - il buon Peter Stauber, ma per ora soprassediamo!
Con ciò (ripeto) non ho inteso e non intendo affermare che si esistita una presunta "religione delle streghe": tuttavia, se questi rituali "pagani" sopravvivono ancora oggi in Lettonia, non potrebbero essere stati in uso anche nelle valli alpine in tempi più o meno remoti, prima che la cristianizzazione potesse decretarne la definitiva scomparsa? Certi elementi che si tramandano nei racconti popolari relativi alle Vivane lo lascerebbero comunque supporre... 

4 commenti:

  1. Mi piacerebbe sapere quanto il tipo qui sopra ne sa effettivamente di streghe e di mitologia…apparentemente molto molto poco se vuol far passare una unità religiosa preistorica sulla quale si è ben discusso (vedi soprattutto le opere di Parinetto) come una geniale intuizione. Ed ancora meno se vede nella semplice cristianizzazione i motivi di tale scomparsa…é possibile conoscere il nome dell'autore dell'articolo di cui si parla? Su che "nota rivista di divulgazione più o meno scientifica" si trova?
    Spero non sia un disturbo troppo grande rispondermi. Buona giornata.

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    1. Nessun disturbo. L'autore del servizio è Franco Capone, e la rivista è FOCUS (215, settembre 2010, pp. 90-96). È chiaro che in sede "scientifica" la materia richiede cautela (cosa che personalmente ho già espresso a proposito della citazione, ricavata dal sottotitolo). Si tratta di un articolo di divulgazione, la rivista è quella che è, tuttavia la documentazione è autentica e interessante. Attenzione! non si tratta di revival neo-pagano, wikka o ciarpame new age, come può testimoniare Cesare Poppi, che all'evento era presente e conosce la materia, i luoghi e le persone. In ogni caso: leggere, prima di tranciare giudizi sulla preparazione altrui...

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  2. Grazie per le informazioni. Ho visto il video e l'articolo online: come dice lei sono documenti molto interessanti dai quali si possono trarre degli spunti altrettanto interessanti. La mia critica è indirizzata soprattutto alla leggerezza con la quale si parla di cristianizzazione e di "antica religione dell'età del bronzo". Per il resto sicuramente si possono formulare delle teorie sulle tante similitudini che ci sono tra le varie mitologie europee e soprattutto tra quelle alpine e quelle nordiche (per esempio tra il Joulupukki finnico e i "nostri" Krampus oppure tra la "Ciaza mata" e la "Odens jakt"). Buona serata.

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  3. Buon giorno Fabio, con tutta la cautela del caso il mio pensiero è molto simile al tuo in proposito. Nello specifico però la mia cautela aumenta, sai bene, ne abbiamo entrambi esperienza, che quando sul "luogo" arrivano giornalisti e antropologi, riti e miti tendono ad assumere valenze che vanno oltre le intenzioni degli stessi protagonisti. Io stesso sono finito sul National Geographic, non che mi dispiaccia naturalmente, anzi, ho l'obbligo di affermare che sia il giornalista quanto il fotografo sono stati oltremodo corretti e sensibili, (ringrazio pubblicamente entrambi per la loro onestà intellettuale, non tutto il giornalismo è fatto della stessa pasta) ma il problema in questo caso siamo noi, io! Io, che forse inconsciamente a volte mescola vero, verosimile, fantasia, passato, presente e futuro in una bulimica ansia di comunicare quello che mi cuoce nell'anima da secoli ma che forse proprio per la lunghissima cottura è ormai solo cenere. Per cui non escludo che agli amici lettoni capiti proprio quello che capita a me ogni tanto... (grazie per averci risparmiato la foto dell'antropologo molto più bella questa) Certo non dimentico però che il modo migliore per conservare le braci con cui accendere il fuoco del giorno dopo è proprio quello di seppellirle sotto le ceneri. Con un soffio il fuoco prende vita, con un soffio Dio diede vita all'Uomo. La cenere è concime buono...
    un caro saluto Andrea

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